Sottotitolo: è stata una pessima idea guardare i video di pole dance su youtube e illudermi
Io sono una persona ossessiva – tipo mosca contro il vetro – buttarsi di istinto nelle cose non è proprio nel mio stile. Prima di iniziare pole mi sono quindi documentata a lungo su internet.
Il web è ricco di video stupendi e di informazioni utilissime.
Ci sono articoli su come vestirsi alla prima lezione di pole. Altri incoraggianti che ti spiegano perché tutti possono iniziare a fare pole. Altri ancora che ti elencano gli straordinari benefici della pole.
Quello a cui nessuno ti prepara è l’enorme trauma che vivrai alla prima lezione di pole se sei me.
Essere me è abbastanza semplice:
- Over 30
- Con il fisico che inizia a ammorbidirsi effetto “oddio sto diventando identica a mia madre”
- Attività sportiva non pervenuta
- Disinibita e sensuale come una mozzarella di bufala nel banco frigo
- Flessibile ed elastica come uno stendino da bucato. In marmo di Carrara
Il trauma inizia già dallo spogliatoio
Attorno a me ci sono solo ragazze semi adolescenti, fighe atomiche e donne meravigliose che scendono dai loro tacchi altissimi per indossare deliziosi completini da palestra coordinati.
Io sono quella nell’angolino che si strozza togliendosi la felpa, sbatte un gomito contro l’armadietto facendo voltare tutte, inciampa nel togliersi una scarpa e si sfila la tutona tipo full monty con già tutto indossato sotto, dando sfoggio di una notevole padronanza dell’antica arte che permette di calibrare al millimetro la maglia per coprire i cuscinetti di cellulite.
Le altre parlano dei corsi che frequentano in palestra, chi ha già fatto qualche lezione di pole, chi faceva danza, fit boxe, pilates, roba impronunciabile mai sentita nominare.
Nella mia testa a questo punto canticchio “succede solo da Mc Donald’s” perché è l’unico posto in cui mi sono veramente allenata in questi trent’anni.
Combatto con l’istinto di fuga. Cosa cazzo ci fai qui in mezzo? Perché vuoi farti questo? Tu odi lo sport. Non funzionerà mai. Sei come il Teletubbies giallo in mezzo alle modelle del calendario Pirelli.
Visto che nel frattempo sbatto anche un ginocchio contro l’armadietto e si girano tutte di nuovo, l’uscita di scena sgattaiolando via come un ninja nell’oscurità è esclusa.
È arrivato il momento. Entriamo nella sala
Inutile dire che anche la maestra è una gran gnocca e che non riesco a smettere di fissarle il lato b ripetendomi che la perfezione esiste e incoraggiando il mio culo a prendere il buon esempio.
Ci vengono date istruzioni generali di base, la distanza da tenere dal palo, il palo gira, come si cammina attorno al palo.
Parte il riscaldamento
La mia sensazione personalissima è quella di aver appena affrontato un percorso a ostacoli in un campo di addestramento per marines. Invoco la morte e un polmone artificiale. Ho da due minuti una specie di crampo irreversibile a entrambe i polpacci e continuo a fissare la porta valutando la distanza dalla libertà.
E ora…addominali
Scherza? Non scherza. Non posso crederci.
Voglio una mascherina di ossigeno, un trapianto di polpacci e una flebo di zuccheri.
Inizio. Due. Ferma. Uno. Mi devo riposare. Due. Oddio ora muoio. Uno. Basta vi prego. Tre. Mi raggomitolo per lo sforzo.
Poi finalmente ci siamo…proviamo le prime cose al palo!
Si inizia da qualche giro e figura base.
- Sembro un pollo alla diavola attaccato disperatamente al girarrosto
- Un cubetto di mortadella infilato in uno stecchino per l’aperitivo
- Ho la grazia di un cavaliere medioevale con l’armatura che litiga con la lancia
- Sto aggrappata al palo con l’eleganza di una gallina che cova l’uovo
- Ci cammino attorno con la sensualità di un anziano che passeggia osservando i lavori stradali
- Cerco di sollevarmi e riesco a rimanere sospesa da terra venticinque millesimi di secondo in un saltino ridicolo
È il mio turno di essere corretta dalla maestra.
Butto un’occhiata alla porta valutando nuovamente la fuga.
Quello sopra tira – quello sotto spinge. La teoria mi è chiarissima.
Tiro. Spingo. Niente. Ancorata a terra.
Tiro. Spingo. Urla di sforzo sovraumano. Niente. Immobile.
Attorno a me, cosa lo dico a fare, ci riescono tutte.
Raccolgo tutte le mie forze. Richiamo tutte le mie energie.
Tiro. Spingo. Così forte che temo mi parta un capillare.
Zero. Il Titanic accasciato sul fondo del mare.
La maestra mi sorride e incoraggia. A volte ci vuole qualche lezione, dice.
Dentro di te apprezzi davvero il suo tentativo di essere rassicurante ma sai benissimo che è pura fantascienza.
Non sono riuscita a fare manco mezza figura al palo. Né la prima lezione né numerose lezioni successive.
In compenso ho collezionato una gradevole parure di lividi istantanei sull’interno coscia. Un’abrasione sanguinante sul collo del piede. Una spellatura immotivata sul ginocchio.
I pietosi dettagli sui giorni seguenti li risparmio.
Un morto vivente avrebbe potuto battermi a mani basse in una gara di velocità.
E parlo di uno di quegli zombie senza gambe che si trascina sui gomiti (e ha un solo braccio).
Ma di quella classe, dove ero assolutamente la più pippa di tutte, in tre anni tante più brave di me hanno mollato dopo un po’.
Perché io non ho il fisico, né la grazia, né la flessibilità, né la forza della poler.
Io ho lo spirito da poler.
E l’ho capito subito.
La prima volta che la mia mano si è stretta attorno a quel palo cromato.
Io mi sono innamorata.
E l’amore è così a volte, ostinato e ottuso, anche quando non è ricambiato.
Adesso sono passati anni e alla fine ho imparato e sono riuscita a raggiungere i miei obbiettivi (molti ancora sono in lavorazione, perché ogni volta che uno è raggiunto ne fisso uno nuovo, la pole dance è così).
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