“Entrare in ritardo a teatro è da sconsiderati”. Avrebbero detto negli anni ’20 signore per bene sorseggiando un tè. Eppure trovo molto affascinante entrare in sala quando tutto è già buio e sentire il calore del pubblico in attesa dello show.
Cosa dici? Suona un po’ come una cazzata? A non è una cosa romantica?
Ok, è vero lo ammetto io Erika e Valentina Domino siamo arrivate cinque minuti in ritardo dall’inizio, per un motivo tutt’altro che romantico: riuscire a mangiare un panino al volo, chiudere la capotte della Jeep e trovare un parcheggio. Che a Milano è più difficile che riuscire a fare una spaccata in 30 giorni.
Eppure con il buio, le luci sul palco e gli artisti che entravano in scena, ho davvero sentito che la sensazione di attesa si scioglieva per dare il posto alla gioia e all’emozione del: ci siamo, sta iniziando. Non era soltanto l’attesa degli artisti di salire sul palco, o del pubblico di vedere lo show, era un’attesa generale, quasi estesa a tutta Italia a chi ieri sera non è riuscito ad essere al primo show italiano di pole dance: Elevation.
L’attesa di qualcosa di nuovo nel panorama della pole dance italiana.
Negli ultimi anni ho visto gare, gare, e ancora gare. Sono stata a Berna, Helsinki, Zurigo, Singapore, Roma, Cesenatico, Modena. Le adoro, sia ben chiaro perché sono un’opportunità per chi vuole gareggiare unica e più ce ne sono e meglio è per la pole.
Ma mi mancava l’arte.
Elevation ha colmato una lacuna importante nel panorama della pole, portando in scena sul palo e non, tante piccole storie quotidiane. Dalla ballerina che diventa poler, a giovani lavoratori in giro per un villaggio urbano affollato e complicato in cui lo smartphone e il lavoro fa da padrone. Passando per la morte di una persona cara e il dolore, alla bellezza delle donne e alle maschere che ogni giorno indossiamo .
Non era perfetto, sarei falsa a dire il contrario. Ma questa sua imperfezione lo ha reso vicino a me. Mi ha emozionata, mi ha ricordato che amo ballare (possibilmente in casa e senza troppe persone davanti), e come me ha emozionato molte altre persone in sala. In tanti ho sentito riaccendersi quel fuoco per la pole dance che magari si era assopito nel tempo.
Mi sono persa insieme a loro nei mondi che hanno messo in scena
Questo è il primo evento artistico di pole dance che vedo dopo tanto tempo. Ci voleva. Finalmente la pole senza nessun fine oltre a quello di raccontare una storia. Show, emozioni e quelle luci che da sole ti dicevano così tanto.
Non mi dite che c’è il Pole Art per l’arte, perché quella è una gara con tanto di regole. L’arte non ha regole e lo sapeva bene chi il Pole Art lo ha inventato e ha deciso di chiuderlo nel 2013 per motivi che ancora non mi sono chiari. All’ultimo Pole Art io c’ero. È stato incredibile. Ma forse in tutta quella libertà lasciata ai pole dancer di essere creativi, iniziava a delinearsi la necessità di fare vedere grandi e difficili trick.
Ieri il trick, quello più difficile di un Iron-x con le gambe chiuse, è stato mettere insieme una compagnia, cercare di farla lavorare all’unisono e in pochi mesi portarla sul palco. Kimmy Street, creatrice dell’evento, credo si sia fatta un notevole culo negli ultimi mesi, ma sono convinta che abbia messo il seme per qualcosa che crescerà forte. Spero che questo show possa girare tutta Italia e portare questo seme in tante città.
Ode a chi guarda oltre, ode a chi osa con passione, ode a chi crede fermamente in quello che fa.
Nel cast di Elevation Show
Kimmy Street, ideatrice del progetto
Giada Accorti
Isabella Sutto
Riccardo Azzini
Diego Novello
Stefania Cremaschi
Adriano Sernagiotto
Coreografie
Nadia Scherani
Maria Agatiello
Vane Lunatica
Lydia Colombelli
Bill Goodson